Cayman Islands, veduta marina del paradiso fiscale

Lo scudo fiscale non interessa ad Artigiani e PMI. Altre le prioriità

Davide RossiCna Nazionale

Cayman Islands, veduta marina del paradiso fiscale Riduzione dell’Irap, versamento Iva solo a fattura pagata e defiscalizzazione degli utili reinvestiti in azienda. E questa la lista dei desideri che le piccole e medie imprese recapitano al ministro dell’Economia Giulio Tremonti. E lo scudo fiscale al centro delle polemiche in questi giorni? Ai piccoli interessa poco, si ritengono esclusi, o forse sfiorati da un provvedimento che considerano pensato per altri, per i grandi patrimoni e le grandi imprese. Eppure, buona parte dei 300 miliardi di euro che, secondo le stime, potrebbero essere regolarizzati, dovrebbero essere riconducibili alle imprese. I conti dei grandi. Il vicepresidente di Confindustria, Alberto Bombassei, ha già fatto sapere che «lo scudo fiscale non è una cosa bella, etica o morale, ma di fatto è utile al Paese. È però importante che certe misure siano fatte il più velocemente possibile: questa e tutte le altre che hanno difficoltà a partire ma che aiuterebbero il sistema a superare il momento di crisi». È indubbio però che i piccoli di Confindustria gradirebbero di più una defiscalizzazione degli utili reinvestiti in azienda. Giuseppe Morandi, il presidente delle piccole industrie affiliate all’organizzazione di Viale Astronomia, da mesi batte su onesto tasto e adesso che si ritrova davanti allo scudo ammette: «Certo, ci sono alcuni aspetti dello scudo fiscale che non ci entusiasmano, in più, per la conoscenza che ho del mondo delle piccole imprese, non è una misura che riguarda noi. Detto ciò, in questa fase di emergenza uno strumento che richiami liquidità nel Paese da destinare alle attività produttive può rivelarsi una scelta positiva a patto però, come auspicato anche dallo stesso ministro Tremonti, che i fondi che ne verranno andranno a beneficio dello sviluppo del Paese e delle imprese, soprattutto quelle piccole e medie, per gestire la crisi di liquidità, di ordini che non ci sono e di posti di lavoro che vanno assolutamente salvaguardati». Si chiama Irap invece l’obiettivo numero uno di Paolo Galassi, il presidente di Confapi che da tempo si batte per l’abolizione definitiva (e non la semplice modifica) di una tassa ritenuta del tutto iniqua e il cui effetto sui conti sarebbe più incisivo del rientro dei capitali dall’estero. A tal proposito da Confapi fanno sapere che «lo scudo fiscale non è certo un intervento che coinvolgerà i piccoli imprenditori italiani, che hanno addirittura ipotecato le loro case pur di proseguire nell’impresa. Ci auguriamo davvero che i soldi recuperati servano, come promesso dal ministro Tremonti, al sostegno delle pmi, soprattutto di quelle imprese che hanno investito in innovazione in tutti questi anni e che ora si trovano in difficoltà non per causa loro». Malumori veneti. Indubbiamente però in Confapi non mancano i malumori sul tema scudo, al punto che qualcuno, come Federico De Marchi, presidente di Confapi Vicenza dichiara: «Siamo abbastanza sorpresi dal sentirci tirati in ballo su questo tema. Siamo certi che neanche la guardia di Finanza guarda a noi piccoli e medi imprenditori come a degli evasori. Sicuramente anche tra di noi ce ne saranno, ma se la stima dei capitali da recuperare è di 300 miliardi, escludo che quelle somme possano arrivare dalla nostra categoria. Credo, tra l’altro, che in questo momento le priorità siano altre: per esempio trovo incomprensibile la scelta di non voler sottoscrivere i Tremonti bond che darebbero un po’ di respiro agli imprenditori medio-piccoli». Consumi e investimenti. La terza priorità delle piccole aziende è legata all’Iva: non più anticipata ma da versare solo dopo che il cliente ha effettuato il pagamento. Un tema, questo, particolarmente caro a Ivan Malavasi, Presidente della CNA (Confederazione nazionale dell’artigianato): «Anticipare l’Iva in tempi in cui i pagamenti dei nostri clienti stanno accumulando ritardi enormi, è un suicidio». Ma la misura è già stata adottata dal governo nell’ambito del pacchetto anti crisi. «Però non si tratta di un provvedimento definitivo così come vorremmo che diventasse». Per ottenere certi provvedimenti permanenti servono risorse magari anche quelle derivanti dal gettito dello scudo. «Il contrasto duro ai capitali in nero lo abbiamo sempre appoggiato – precisa Malavasi -. Per dirla in chiaro: è sacrosantamente giusto che ogni euro detenuto illegalmente all’estero si consideri sempre come evasione fiscale. Se vogliamo veramente legare strettamente queste risorse di ritorno al lavoro e allo sviluppo delle imprese allora, per esempio, cominciamo a rendere davvero attraenti le agevolazioni previste per i nuovi investimenti. Piuttosto, in modo altrettanto energico mettiamo in campo premi veri. Quelli oggi attivi sono largamente al di sotto delle aspettative, per tutti quegli imprenditori che sono pronti a capitalizzare in modo robusto le proprie imprese, a cominciare dal sottoscritto. Quanto ai paradisi fiscali, non dimenticate mai che, per la stragrande maggioranza degli artigiani e dei piccoli e medi imprenditori, il paradiso (o l’inferno) è sempre e solo l’impresa». Per gli altri, ci pensa lo scudo.» sono pessimista. Anzi, sono convinto che la differenza la fa l’imprenditore, e in Italia ne abbiamo tanti che hanno le idee chiare».

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