Dal 1 gennaio 2011 vietata la commercializzazione e l’utilizzo dei sacchetti di platica

Andrea CapobassoLegislazione

A partire dal 1 gennaio 2011 sarà vietata la commercializzazione e l’utilizzo dei sacchetti non biodegradabili.  Tale divieto deriva dal recepimento di disposizioni comunitarie e con esso si intende contribuire a ridurre le emissioni di anidride carbonica in atmosfera e a rafforzare la protezione ambientale. La proroga che ha spostato l’originario termine fissato al 1 gennaio 2010 prevista nel “Decreto Anticrisi” (D.L. 78/2009 convertito con legge 102/2009) scade l 31 dicembre 2010 e il Ministero dell’ambiente ha escluso ulteriori proroghe in forza del fatto che è necessario rispettare la direttiva comunitaria. Ferma restando la data del 1 gennaio 2011, il Ministero dell’Ambiente ha dato la sua disponibilità ad elaborare un provvedimento che consenta di “smaltire le scorte” ancora in carico alla distribuzione, specialmente quella piccola. Il Ministero ha, inoltre, presentato una campagna di sensibilizzazione e informazione rivolta ai cittadini che intenderebbe portare avanti insieme alle principali categorie distributive. La campagna dovrebbe essere lanciata prima della fine dell’anno sui principali mass media e sarà incentrata sul concetto di riutilizzo. Data la rilevanza e l’impatto che avrà tale normativa è importante richiamare alcuni aspetti normativi di ordine generale. In primo luogo va sottolineato che il recepimento del dettato comunitario è avvenuto all’interno della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) come puro atto di indirizzo al quale avrebbe dovuto far seguito un regolamento attuativo che avrebbe disciplinato anche gli aspetti sanzionatori. Tale regolamento, però, non è stato mai emanato. Di conseguenza, allo stato attuale, non sono previste sanzioni amministrative e pecuniarie per chi non si adeguerà al dettato normativo. Saranno eventualmente i Comuni, con loro specifiche ordinanze, in ottemperanza al potere regolamentare di cui dispongono in materia di gestione dei rifiuti, a prevedere la possibilità e l’entità delle sanzioni. Qualcuno, interpretando la norma in modo perentorio, sollecita i Comuni ad emettere l’ordinanza sindacale ritenendo questa un obbligo ai sensi della legge 296/2006.

 

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