Presentato il Rapporto Creaimpresa 2010

Andrea CapobassoEventi

Nel sistema industriale del Lazio si aggrava la perdita di addetti della grande impresa (la cui quota si riduce dal 57,3 per cento al 44,2 per cento) a favore delle micro imprese (che passano dal 23,2 per cento al 30,9 per cento degli addetti dell’industria regionale). La propensione all’innovazione delle imprese laziali ha invece seguito l’andamento decrescente della media italiana. Si è assistito, sia nel 2008 che nel 2009, ad una notevole riduzione percentuale di imprese che svolgono innovazione, seppur inferiore a quanto mostrato a livello nazionale: nel Lazio si è passati dal 34,7 per cento al 25,5 per cento; mentre in Italia dal 31,2 per cento al 20,6 per cento. Anche le attività di ricerca e sviluppo sono state colpite dallo sfavorevole scenario economico, con una contrazione che risulta tuttavia molto inferiore a quella fatta registrare per la propensione all’innovazione (si passa dal 7,9 per cento del 2008 al 6,5 per cento del 2009). Il grado di apertura internazionale del sistema produttivo regionale ha invece tenuto rispetto alla grave crisi che ha colpito i mercati e che ha contratto in maniera significativa il volume del commercio. In particolare è aumentata la percentuale delle imprese laziali che hanno rapporti con l’estero (13 per cento nel 2009 rispetto all’8,7 per cento nel 2008) grazie soprattutto ad un aumento degli esportatori diretti (+3,8 per cento). La diffusione delle reti nel Lazio risulta leggermente inferiore al dato nazionale (33,4 per cento contro il 35,6 per cento). Appare soprattutto deficitaria la consistenza delle reti più complesse (relazioni per attività di ricerca, cooperazione per la progettazione e la commercializzazione, ecc.) che riguarda solo il 13,6 per cento delle imprese del Lazio. Sono questi alcuni tra i dati più interessanti evidenziati dal Rapporto “Creaimpresa 2010”, realizzato da BIC Lazio in collaborazione con MET (Monitoraggio Economia e Territorio) e presentato il 28 maggio a Roma nel corso dell’evento “ThinkBIC: Creatività, Sostenibilità, Competitività”. “Preoccupa, e non potrebbe essere diversamente, la situazione complessiva dell’economia europea, la cui ricaduta rischia di provocare pesanti effetti anche sul nostro territorio. – Ha dichiarato il Presidente di BIC Lazio Enrico D’Agostino – Il Lazio, come l’intero territorio nazionale, è stato colpito dalla crisi economica, anche se il tessuto imprenditoriale ha sostanzialmente tenuto e le imprese sembrano reagire in maniera positiva. Con il terzo Rapporto Creaimpresa abbiamo voluto fotografare questo delicato momento, proprio perché intendiamo avviare una seria riflessione con le istituzioni e con gli attori locali per individuare quali siano gli strumenti più adatti per sostenere le imprese laziali. Le imprese chiedono non solo interventi finanziari, ma anche servizi di accompagnamento e specialistici, dalla formazione al sostegno per operare sui mercati esteri, anche in nicchie di mercato”.

Aumentano le micro imprese nel Lazio
L’analisi dell’evoluzione della struttura dimensionale nel Lazio evidenzia una marcata riduzione della quota di addetti impiegati nelle grandi imprese, a favore di un incremento nelle micro imprese. E’ un fenomeno comune alla tendenza nazionale, ma relativamente più marcato. Si registra quindi un ruolo crescente nel tempo del peso delle micro imprese nell’occupazione che interessa l’intera struttura produttiva italiana. A partire dal 1991, scontando un ritardo di più di un decennio rispetto al trend nazionale, la quota relativa degli addetti nelle micro imprese laziali inizia a crescere costantemente, passando dal 27,4 per cento di inizio anni Novanta al 30,9 per cento attuale. Dal punto di vista settoriale la gran parte degli addetti delle micro imprese laziali è impiegata nei servizi e in particolare nel Commercio (il 37,4 per cento degli addetti nelle micro imprese), nelle professioni e nei servizi alla persona, mentre il settore manifatturiero riveste un ruolo marginale.

Innovazione in flessione, così come gli investimenti e le attività di ricerca e sviluppo
Complessivamente nel Lazio il 25,5 per cento delle imprese dichiara di aver introdotto almeno una forma di innovazione, con una percentuale lievemente superiore rispetto alla media nazionale (20,6 per cento). Tale dinamica è spiegata per lo più dal buon comportamento innovativo di micro e piccole imprese, che presentano una percentuale significativamente superiore al dato italiano, anche se rispetto a quanto fatto registrare nel 2008 si evidenzia una forte contrazione delle attività innovative sia a livello regionale che su scala nazionale. Lo scarto rispetto al 2009 è attribuibile alle differenti performance di tutte le tipologie di imprese divise per classe dimensionale. Sia a livello nazionale che regionale, le medie e grandi imprese sono quelle che hanno risposto alla crisi economica riducendo maggiormente il processo innovativo. Le micro imprese laziali sembrano inoltre aver reagito con una riduzione dell’attività di innovazione meno pronunciata rispetto alle altre regioni. Si registra inoltre una netta tendenza rivolta a favorire le innovazioni organizzative e gestionali, sia a livello regionale (21,6 per cento) che nazionale (14,9 per cento). Ad eccezione delle innovazioni di prodotto principali (che sono inferiori di 0,8 punti percentuali), nel Lazio si riscontra una scarto medio positivo di tutte le variabili rispetto al rispettivo dato italiano. Le differenze più marcate si registrano ancora una volta nelle innovazioni organizzative e gestionali, in cui si manifesta uno scarto di circa 7 punti percentuali (nel Lazio il 21,6 per cento; in Italia il 14,9 per cento). Rispetto al dato del 2008 a livello nazionale si è riscontrata una contrazione della percentuale di imprese che svolgono attività di ricerca e sviluppo ed investimenti (che passano dal 7,9 per cento al 6,5 per cento). Tale fenomeno è principalmente imputabile al comportamento di piccole e medie imprese; specialmente queste ultime hanno subito una riduzione di 14,1 punti percentuali, passando dal 40,6% di imprese che svolgevano R&S nel 2008 al 26,5 per cento nel 2009.

Internazionalizzazione in ripresa
La crescita del grado di apertura internazionale, pur in un anno di crollo del commercio mondiale e anche delle stesse esportazioni regionali, è da attribuire ad un aumento delle imprese che esportano, che passa, tra le micro imprese laziali, dal 7,5 per cento registrato nel 2008 all’11,2 per cento dell’ultimo anno considerato. Il grado di apertura internazionale risulta tuttavia inferiore a quello che si rileva per la media nazionale, dove la percentuale di imprese che esportano è pari al 13,1 per cento (10,4 per cento nel 2008). Le forme di internazionalizzazione avanzata (accordi commerciali, relazioni per attività di R&S, produzione all’estero e partecipazioni in imprese straniere) appaiono in crescita restando ancora un fenomeno marginale (1 per cento tra le imprese laziali e 2 per cento per il dato nazionale). Il gap sfavorevole rispetto alla media italiana, sembra comunque essersi ridotto grazie al forte incremento del grado di internazionalizzazione delle grandi imprese del Lazio, che passano dal 15 per cento al 55,8 per cento nel 2009. È’ emersa quindi una tendenza diffusa per la quale la scelta strategica dettata dall’opzione “estero” non è semplicemente legata al forte traino generato dalla domanda internazionale, ma anche dalla consapevolezza che la proiezione verso l’esterno possa garantire alle imprese delle prospettive di incremento di produttività.

Il network fra le imprese, un fenomeno ancora da consolidare
La diffusione delle reti nel Lazio risulta leggermente inferiore alla media nazionale. Tuttavia, almeno attraverso le analisi descrittive sembra possibile individuare un “effetto rete”. Le previsioni relative all’andamento del fatturato per il 2010 appaiono chiaramente più favorevoli tra le imprese appartenenti a reti locali, sia in termini di previsioni di aumento dei ricavi, che di minore contrazione del fatturato. Un impatto positivo delle reti sembra possa essere individuato anche nella propensione ad attivare comportamenti virtuosi in tipologie di attività di particolare rilievo, come nel caso dei pattern dell’innovazione, dove i processi di diffusione delle conoscenze trovano un naturale ambiente per poter svilupparsi. A fronte di un 22 per cento circa di imprese non operanti in network che ha introdotto almeno una forma di innovazione, si riscontra una diffusione molto maggiore all’interno delle reti locali, pari al 26,6 per cento per le reti semplici e al 34,3 per cento delle reti più complesse.

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