Piccole imprese unite e Davide diventa Golia. Si fondono le federazioni di 4 milioni di commercianti e artigiani

Laura DonfrancescoCna Nazionale

Gli inviti alle autorità e agli oltre 4 milioni di associati sono partiti in questi giorni. Appuntamento il 1O maggio all’Auditorium della Musica di Roma. CNA, Confartigianato, Casartigiani, Confcommercio e Confesercenti sigleranno la «Grande Alleanza dei Piccoli» che si svilupperà su due piani. Il primo sarà la rappresentanza unitaria: una sorta di confederazione che avrà il compito di arrivare a tutti i tavoli delle trattative, a partire dal governo, con una sola voce per portare le richieste di artigiani, commercianti, addetti al turismo e di tutte quelle centinaia di migliaia di imprese con meno del 20 addetti che poi sono il 95% delle aziende italiane. Presidenza a turno ogni sei mesi. Il primo, con tutta probabilità, sarà Carlo Sangalli, numero uno di Confcommercio che guiderà un comitato dipresidenza dove parteciperanno con voto consuntivo anche i segretari delle associazioni. Il secondo piano, incentrate sulla ricerca e sullo sviluppo delle strategie, sarà la Fondazione, ancora top secret il nome. Sarà guidata dal presidente del Censis Giuseppe De Rita. Un vero e proprio think-tank con un comitato scientifico dove stanno già lavorando Luca Zan, Paolo Feltrin e il sociologo Aldo Bonomi. Un percorso che è nato tre anni fa al cinema Capranica di Roma, già noto come il teatro degli orfanelli, dove le associazioni, storicamente divise sul piano politico, sociale ma anche dilaniate da forti personalismi, si riunirono per contrastare la prima finanziaria del governo Prodi e la revisione degli studi di settore voluti dall’allora ministro delle Finanze Vincenzo Visco. «Eravamo accusati – ricorda Ivan Malavasi (nella foto) di essere brutti piccoli ed evasori, ma difendendoci abbiamo capito che insieme potevamo costruire». Tutti gli organizzatori non fanno fatica a parlare di «momento storico». «Cade – è il ragionamento di Bonomi uno degli ultimi retaggi degli schemi del Novecento, non esistono più i commercianti o gli artigiani di destra e di sinistra». «I nostri associati – concorda Malavasi non si fanno più influenzare politicamente dalle associazioni». Ancora Bonomi: «I piccoli hanno sempre avuto un deficit di rappresentaiività, sono sempre stati un gran numero ma sono rimasti schiacciati da Confindustria e dai sindacati». Ora si cambia. I fondatori sembrano molto determinati. Giorgio Guerrini, numero uno di Canfartigianato non le manda a dire: «Nei programmi delle ultime elezioni sia il Pdl che il Pd avevano messo al centro la piccola impresa. Ma quelle parole sono rimaste lettera morta. Adesso dobbiamo passare all’azione, qualsiasi iniziativa di legge dovrà avere come riferimento i piccoli».
Il mondo dell’impresa diffusa lancia anche segnali alle altre grandi associazioni: «Questa spiega ancora Guerrini – non è un’iniziativa contro. È a favore di tutta l’impresa italiana» «Una nuova, grande alleanza concorda Sangalli, testimonianza di un’Italia vuole far valere dì più e meglio le ragioni di queste imprese e che vuole contribuire anche attraverso una capacità di analisi e proposta autonoma rispetto alla politica». Sul palcoscenico dell’Auditorium sfilerà, per dirla sempre con le parole di Sangalli.
Quell’Italia che «anche in tempi di crisi non ha tirato i remi in barca e che costituisce una risorsa fondamentale per rimettere in moto crescita e sviluppo, coesione sociale e coesione territoriale». Il 10 maggio sarà anche presentato un manifesto politico dove verranno avanzate alcune richieste che i promotori si aspettano vengano subito prese in grande considerazione: semplificazione burocratica, riduzione del costo dei servizi alle imprese e alle famiglie, accesso facilitato al credito e semplificazione e taglio delle tasse e del costo del lavoro. Un progetto, nell’Italia dei campanili, che parte fra tante ambizioni ma che gli stessi promotori non faticano a giudicare come un esperimento. Anche perché sul territorio le divisioni continuano e su alcuni punti sono ancora forti. «Molti però – fa notare Guerrini – ci dicevano che non ce l’avremmo mai fatta. E invece adesso ci siamo. Siamo tanti e in democrazia il numero resta un valore assoluto. Più sei, più conti». C’è da scommettere che sarà difficile etichettarli ancora come gli «invisibili».

 

Condividi