CNA, basta promesse avviare la semplificazione

Andrea CapobassoCna Nazionale

Ivan Malavasi (nella foto) è da otto anni il presidente di CNA, la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e dalla Piccola e Media Impresa. In questo periodo ha avuto modo di verificare l’incidenza della burocrazia nell’attività delle imprese ed ha ben chiaro in mente i costi enormi che continua ad avere. “Noi – spiega – la semplificazione burocratica la chiediamo da vent’anni ai vari governi e, quando la vorranno fare per davvero, sarà comunque tardi. I costi per il paese, per i cittadini e per le imprese sono esorbitanti. Il Moa (Misurazione degli oneri amministrativi, una struttura del ministero della funzione pubblica) quindi non un organismo di parte, documenta che il costo della burocrazia e delle sue inefficienze è trenta miliardi l’anno, un po’ più di una manovra finanziaria. E bisogna anche tenere conto della maggiore abnorme incidenza sulle imprese più piccole: il costo della burocrazia per le aziende fino a 5 dipendenti è di 7 miliardi, per quelle da 5 a 249 dipendenti di 2,2 miliardi ad impresa. Le imprese più piccole sono praticamente soffocate”.

Le azioni messe in campo negli ultimi anni dai governi hanno avuto effetto?
“Il tema è delicato e va affrontato con pragmatismo. Tutti i governi ce l’hanno raccontata in modi eleganti, ma poi gli effetti sono sempre stati modesti. Per venire ai tempi recenti, un aspetto della flnanziaria dell’estate 2008 con la comunicazione unica per le assunzioni dei lavoratori, ha prodotto un piccolo risultato apprezzabile e cioè l’abolizione del libro matricola. L’impatto dal punto di vista economico è però modesto. Altri effetti non se ne sono ancora visti, anche perché i decreti attuativi sono chiusi nei cassetti dei ministeri competenti”.

Il governo sottolinea che mettere mano agli articoli 41 e 118 della Costituzione sia il punto di partenza perarrivare anche alla semplificazione.
“Su questo vorrei essere molto secco. Contrapporre la modifica di questi articoli in contemporanea con gli articoli di semplificazione delle imprese mi sembra tanto un atteggiamento italiano. Se serve, lo si faccia ma non mi si venga a dire che lo Sportello Unico non si fa perché non si è modificato l’articolo 41. Il 41 ha comunque reso possibile, non dimentichiamo, la nascita in Italia di 6 milioni d imprese. Vuol dire che non è il problema principale. La semplificazione invece è una boccata d’ossigeno per le imprese e va fatta subito e comunque”.

Lei dice spesso: dobbiamo favorire il fare impresa. Ma, in pratica, questo cosa vuole dire?
“Ci viene trasmesso il messaggio che la semplificazione è fare le imprese in un giorno. La media è invece quella di 68 adempimenti per aprire un’impresa. Fare uno Sportello unico o l’Agenzia delle imprese, dove faccio una sola comunicazione ad un solo interlocutore, credo sia fondamentale. Far vivere un’azienda poi è ancora più importante. Ogni anno 35Omila imprese chiudono mentre in media le nuove nate sono 45Omila. Il saldo è positivo per 100mila, ma l’elevata mortalità è comunque un problema, una spia anche di  insopportabili pesantezze burocratiche”.

Oggi quasi tutti i controlli si fanno ex ante. Quanto è importante passare alla logica delll’ex post?
“E’ fondamentale. Significa: io Stato ho fiducia in te cittadino e poi vengo a controllare. Bisogna cambiare proprio la logica delle cose. I tipi di adempimenti informativi in un anno per tutte le imprese sono 47mila. Sarebbe possibile già oggi intervenire e ridurre a 5mila tutti questi obblighi. Lo conferma un’accuratissima analisi di CNA Interpreta (ndr: una società della CNA specializzata in analisi econsulenza strategica per le imprese). Il governo ha gli strumenti per intervenire, deve però averne la volontà politica. Basta pensare alla legge 626 per la salute sull’ambiente di lavoro, di cui nessuno mette in dubbio l’utilità ma il problema è quello di relazionarsi con troppi soggetti e soprattutto di dover fare tutti gli anni la stessa dichiarazione».

Cosa deve fare l’Italia?
“Dare regole certe e poi verificarle e svolgerle nel modo giusto. Penso ad un Stato più semplice ma anche più rigido nei controlli. Nei primi 15 paesi dove è facile fare impresa ci sono Georgia, Nuova Zelanda e Thailandia. Noi siamo al 78esimo posto, davanti a Panama e dietro a Kiribati, secondo fonti di agenzie intenazionali. La dimostrazione è che questo paese è nemico del fare impresa. Bisogna dare una svolta. Questo governo ha una base parlamentare amplissima, ha la possibilità di fare quello che ancora non ha fatto”.

Si dice che il grande problema delle imprese sia l’accesso al credito. Tra un credito più accessibile e la riduzione della burocrazia qual’ è la priorità?
“Sono due aspetti che hanno entrambi un impatto fortissimo. La parte del credito è normata da altre leggi ed è uno degli elementi portanti per la crescita dell’impresa. Bisogna trovare strumenti e competenze per processi di veicolazione rapidi e trasparenti: i meccanismi di valutazione meramente matematici non sono uno strumento sufficiente. Qualche passo in avanti però lo si è fatto. Il primo grande risultato è aver capito che la crisi stava strozzando e così ecco la moratoria dei mutui, appena prorogata di altri sette mesi. Il pensiero comune deve essere che questa crisi prima o poi finirà ma si deve fare in modo che, quando quel momento arriverà, le imprese siano in grado di riprendere subito il treno dello sviluppo”.
 

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